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Telefonate meravigliose – Seconda parte

Eccoci alla seconda puntata della serie “psicologia”, con la seconda telefonata meravigliosa ricevuta in ambito dimissioni da Cap.

[05/09/2017 h 11.00 Sono a casa, in salotto: il mio ufficio provvisorio (che probabilmente resterà tale a lungo, a meno della buona riuscita del progetto LMCDUMDE)]

Suona il cellulare con un prefisso di Roma. Mmmmmmm, la solita promozione del gas o della luce… rispondo in modo neutro.

“Signor Alessandro?”
Io, ormai non dico mai si, ma ribatto “Chi parla?”

“Sono Fabi****** C., chiamo da Cap Roma, ufficio HR”

Mi rilassa sapere che non sia una televendita, e mi incuriosisce che la telefonata parta da Roma, quando anche a Milano abbiamo qualche personaggio di Risorse Umane. Non so cosa dire, quindi aspetto quei millisecondi necessari a far capire all’interlocutrice che tocca ancora a lei.

Senti, ho ricevuto il tuo modulo INPS per le dimissioni, e volevo sapere un po’ di più su questa tua scelta…

Ok, mi dico, questi hanno la strizza che vada a spargere la voce sui loro segreti a un competitor… avranno già chiesto in giro se tale Alessandro Poletti ha mandato CV a chi e quando.

Ma sempre neutro, con una vena di dolcezza rispondo: “immagino che lei non mi conosca di persona, e non sappia la mia storia”.

Lei “In effetti no, sono in Cap da ottobre (2016 suppongo) e sono in sede a Roma. Sono stata a Milano solo di sfuggita, e non ho avuto occasione di conoscervi tutti.. tra l’altro sarei la tua referente HR IT..

Sticacchi, penso, guarda che figuraccia che ho fatto a non riconoscere il nome.. vabbè dai però è qui da poco (non che io sia qui da 10 anni) e poi me ne sto uscendo.. si dimenticherà presto di me”

Comunque attacco: “guarda, io ho avuto un periodo personalmente difficile e ho maturato questa scelta”. Sto tagliando corto perché so bene quanto valga il tempo in Cap… non c’è la fissa di fatturare anche la pausa caffè… ma non si perde troppo tempo dietro a cose che potenzialmente non abbiano un valore interessante.

Lei invece non prosegue come immaginavo.. della serie: “ok, dimmi se vai da un competitor, così ti facciamo causa, altrimenti amici come prima e tanti saluti.. 3 minuti di telefonata e un altro dimissionario l’abbiamo liquidato”.

Cambia invece tono di voce, rendendolo più amichevole, e mi incentiva a raccontare qualcosina in più, per capire se in qualche misura l’azienda è “responsabile” di qualcosa… scoraggiando di raccontare fatti privati, se mai ne avessi avuto voglia…

Inizio quindi chiedendo scusa per i 5 minuti in più che avrei fatto perdere, ma lei mi mette assolutamente a mio agio rassicurandomi che si tratta del suo lavoro, e che quindi posso parlare liberamente.

Inizio quindi la mia pappina, molto più lunga di quella sorbita da Ste, perché ho necessità di spiegare anche il pregresso (vedi articolo dedicato: Come una trasferta di lavoro mal progettata ha seminato il germe della depressione lavorativa…. Se mi dicevano: vai li per 2 anni ero forse salvo.. o forse no).

Dopo qualche minuto mi rendo conto che per arrivare a conclusione con questo ritmo avrei impiegato una buona mezzora, quindi rilancio la mia offerta di concludere qui.

Ma lei imperterrita mi garantisce che sta svolgendo il suo lavoro (e io devo dire in modo eccellente), che è laureata in psicologia, quindi quello che racconto è anche di suo interesse personale culturale e formativo, e che solo se ho voglia io si può interrompere la chiamata quando voglio.

Mi stupisco, sinceramente, perché ok che non mi abbia liquidato in 3 minuti, ok che ne abbia voluto sapere di più… ma siamo a 20 minuti di chiamata, secondo il contatore iPhone.

Proseguo quindi il racconto, e lei si inserisce con commenti da esperta, ma con l’umiltà di saper riconoscere che ogni situazione psicologica è diversa, complessa, e non può essere stata letta su nessun manuale. Non si permette di dare giudizi, né verso di me (ci mancherebbe) né verso gli psicologi che ho frequentato prima di trovare quello adatto a me (vedi articolo dedicato “Come la scelta di un buon terapeuta mi abbia aiutato a recuperare i goal persi in partita). Semplicemente, come occorre trovare il meccanico giusto per la propria auto, occorre trovare il terapeuta giusto per la propria mente.

Quando siamo a 25 minuti ho concluso il mio excursus e lei si dice contenta della chiacchierata, formativa anche per lei (peraltro le prometto di lasciarle il contatto della clinica e del professionista che mi ha “aiutato a capire come salvarmi”), mi chiede come mi sono trovato in questo anno circa di Cap.

Rispondere “bene” sarebbe stato un insulto. Avevo mille considerazioni da fare su questo anno di Cap. Non era il caso di esternarle tutte approfonditamente, come non è il caso di farlo qui (vedi articolo dedicato “La mia esperienza in Cap, una picccola famiglia in una famiglia enorme), ma per punti ho toccato quelli che sono stati i pilastri della mia “gioia di andare a lavorare”, salvo la crisi di cui sopra:

  • Professionalità
  • Crescita
  • Blablabla (mi sa che sono i 7 valori di Cap, il mio preferito è sempre stato FUN, e anche un pochino per questo che sono andato via… mi DIVERTO di più a fare siti web o inventare strane cose 😉

Anche qui siamo agli sgoccioli della telefonata, arriviamo a questioni più tecniche come “chi contattare per riconsegnare telefono, pc, carta di credito eccetera…”

Fabi**** mi lascia inoltre tutti i suoi contatti per qualunque necessità (lavorativa, si intende :p) e mi rassicura sulla possibilità eventualmente in futuro di riaprimi le porte di Cap. Se sei stata una risorsa valida e hai lasciato il segno, non ci saranno problemi per quanto riguarda eventuali collaborazioni, di qualsivoglia natura.

In effetti, ai miei complimenti (a Ste, e lei ha preso appunti…) e a lei stessa (non conosco il nome di un responsabile a cui riportarli.. aiutatemi voi che leggete a capire chi contattare) risponde in modo naturale che lei lavora nell’ufficio “Risorse Umane”, e mi invita a riflettere sulla parola “Risorse”.. che devono essere curate e “coccolate” durante tutto il loro percorso, da prima che siano in CAP (colloqui, recruiting, …) a quando approdano a CAP (formazione iniziale, inserimento, ….) a quando in CAP ci sono da un po’ (crescita, affiancamente, ….) a quando lasciano CAP (perché le porte sono sempre aperte a chi ha lasciato il segno).

Altra telefonata che si conclude con un po’ di brividini per il trattamento ricevuto da parte dell’Azienda.

Corro a condividere il mio stato d’anima con mio padre, e insieme a lui rifletto su quanto siano belle queste cose. Alla fine il buon vecchio iPhone dice 38 minuti di telefonata. Non mi metto nemmeno a fare il conto di quanto si potrebbe fatturare il 38 minuti a un buon Cliente. E io sono un dimissionario.

Meraviglioso.

Un’azienda da 200.000 dipendenti nel mondo, 3.500 in italia, che dedica 38 minuti del suo tempo ad “ascoltare le menate di un pazzoide”, come simpaticamente ho fatto notare a Fabi**** stessa, ridendo.

Ti immagini che con questi grossi numeri tu stesso sia un numero!

E’ vero, per me CAP è stata al 99% l’isoletta degli oracolini (20 anime in media sparse per l’Italia) e non posso garantire che nell’ufficio a fianco ci siano persone che piangono dalla mattina alla sera.

Io non li ho mai visti né sentiti piangere, qualcuno magari a momenti su 200K un qualche momento brutto l’avrà passato, ma ci credo poco…

Comunque, passi che Ste mi ha visto quotidianamente (e questo non è sufficiente a spiegare oggettivamente la sua comprensione e la sua umanità), passino i colleghi più “stretti” (vedi articolo dedicato “La maturità dei miei colleghi nella gestione della crisi e della comunicazione nei miei confronti” ma questa Fabi****… non sa manco che faccia ho!! E chiama da Roma!!

Grande Cap!

Per poche settimane ancora posso usare (anche solo mentalmente) l’hashtag #iostoincapgemini…. Poi ne servirà un altro 🙂

 

Post Scriptum: ad oggi sono effettivamente ed ufficialmente “fuori dai giochi Cap” da quasi un mese. La trascrizione (di getto come sempre) della telefonata risale al giorno della stessa.

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